Onorevoli Colleghi! - L'esigenza di contenere i costi della politica è divenuta oramai un elemento insostituibile del dibattito politico. Il sentimento di sfiducia e di distacco tra la società italiana e le sedi istituzionali della politica è ormai dilagante e percepibile in ogni ambito settoriale. Si tratta di un sentimento che sconta innanzitutto una crisi strisciante della politica intesa come strumento collettivo e partecipato in grado di risolvere problemi, di migliorare condizioni di vita, di influire positivamente sulle aspettative di futuro e sui desideri che ogni individuo legittimamente possiede. L'insieme della politica istituzionale ha, a questo riguardo, una grande responsabilità e deve riuscire ad assumere posizioni e decisioni che spezzino questo sentimento negativo, ricostruiscano fiducia ed «empatia» in uno sforzo di rinnovamento che non può che esorbitare dagli stessi contenuti della presente proposta di legge.
      Si tratta, infatti, di mettere mano a una compiuta riforma della legge elettorale, al ridisegno di un sistema politico-istituzionale in cui la partecipazione dei cittadini e delle cittadine, il loro effettivo coinvolgimento, sia un valore fondamentale capace anche di approfondire e di trascendere le linee guida della Costituzione.
      In questo contesto, non sfugge che il tema della retribuzione degli eletti, e in particolare dei parlamentari della Repubblica, sia tra i più sentiti in quanto indice sintetico del rapporto, sempre più squilibrato,

 

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che esiste tra le condizioni di vita medie della popolazione e lo status di chi quelle condizioni è chiamato a regolare. Il fatto che il nostro Paese sia agli ultimi posti in Europa nella classifica degli stipendi medi mentre detenga il primato delle retribuzioni del parlamentari è una spia di quegli squilibri e accresce quel sentimento di sfiducia e di disincanto che costituisce ciò che oggi chiamiamo «crisi della politica».
      L'obiettivo della presente proposta di legge è quindi quello di intervenire efficacemente e drasticamente in questo senso, rimodulando la retribuzione complessiva dei parlamentari della Repubblica nel senso di una sua sensibile riduzione in un'ottica di «spirito protestante», sapendo che il ridimensionamento proposto può costituire un depotenziamento del ruolo e del prestigio del parlamentare ma con l'obiettivo di servire un bene più alto: la valorizzazione del ruolo della politica.
      L'articolo 1 quindi interviene a sostituire l'articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, che regola l'indennità funzionale mantenendo intatto l'aggancio al trattamento dei magistrati con funzioni di presidente di sezione della Corte di cassazione ma proponendone la riduzione del 50 per cento.
      L'articolo 2 inserisce tutto quello che esula dall'indennità funzionale in un articolo (articolo 2 della citata legge n. 1261 del 1965) regolante l'attività del parlamentare il quale o la quale deve avere le condizioni favorevoli allo svolgimento della propria attività. In questo contesto il comma 1 interviene sulla corresponsione dell'indennità di missione in modo analogo a quanto previsto nell'articolo 1, cioè con il suo dimezzamento.
      Il comma 2 regola lo svolgimento del mandato demandando agli Uffici di presidenza delle due Camere la regolamentazione dell'uso gratuito dei mezzi di trasporto solo sul territorio nazionale, il rimborso delle spese telefoniche, sulla base della certificazione delle medesime, nonché la possibilità di accedere a un fondo per spese di attività politica generali.
      Il comma 3 regola il rapporto con l'assistenza parlamentare eliminando il contributo diretto al parlamentare il quale ha diritto di nominare una persona di sua fiducia che viene però retribuita direttamente dall'amministrazione della Camera di appartenenza. Si tratta di una modalità diretta a eliminare forme di lavoro nero che pure si sono registrate e a ristabilire un principio di efficienza e di regolarità nella prestazione del lavoro subordinato entro il perimetro delle due Camere.
      Il comma 4 prevede che gli Uffici di presidenza delle due Camere possano istituire e regolamentare un fondo diretto a finanziare attività politiche, entro il limite massimo di due indennità mensili e con forme di trasparenza e di pubblicizzazione determinate dagli Uffici di presidenza delle Camere stesse.
      L'articolo 3, infine, introducendo l'articolo 6-bis della citata legge n. 1261 del 1965, interviene sul terreno più delicato, quello della rendita vitalizia spettante a ciascun parlamentare che abbia completato almeno una legislatura. L'articolo propone un regime alternativo, riportando lo status del parlamentare all'interno delle leggi vigenti che regolano il rapporto con le casse previdenziali di appartenenza.
      Il comma 1 prevede così che i lavoratori eletti nel Parlamento nazionale siano collocati in aspettativa non retribuita, come prevede l'attuale normativa, e con il versamento di contributi figurativi a carico dell'amministrazione parlamentare.
      I commi 2 e 3 regolano l'attività dei parlamentari che al momento della elezione risultino iscritti oppure non risultino iscritti ad alcuna gestione previdenziale obbligatoria, consentendo loro di coprire il periodo del mandato elettivo mediante l'accreditamento dei contributi figurativi a carico dell'amministrazione parlamentare.
      Con il comma 4 si sancisce il cuore dell'articolo e cioè che i parlamentari non hanno diritto ad alcun vitalizio, né ad alcuna forma di trattamento pensionistico aggiuntivi rispetto a quella prevista dal medesimo articolo.
 

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      Il comma 5 elimina l'obbligatorietà vigente per gli eletti nelle due Camere di versare a proprio carico i contributi previdenziali gravanti sul lavoro dipendente in modo da uniformare la disciplina allo spirito della legge.
      Il comma 2 dell'articolo 3, infine, definisce i termini dell'avvio della nuova disciplina.
      La presente proposta di legge non solo contribuisce a generare un notevole risparmio per l'amministrazione pubblica soprattutto in virtù della riorganizzazione del trattamento pensionistico, ma consente anche di riportare con nettezza il Parlamento a un contatto più diretto con il popolo rappresentato. Si tratta di una proposta di legge equa che potrà affrontare, sia pure solo parzialmente, il grande nodo della «crisi della politica» consentendo di riavvicinare rappresentanti e rappresentati.
 

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